Frase del mese per Maggio 2025:
Non farti influenzare.
Un intero oceano non può affondare una barca fino a quando non entra al suo interno…
Tranquilli, non si sta parlando di sconti e Black Friday, ma di avanzamenti di carriera e gestione del personale: come comportarsi davanti all’opportunità di promuovere un dipendente?
Tutti gli imprenditori sanno che un’assunzione sbagliata può avere gravi ripercussioni e quindi puntano sul periodo di prova (peraltro sempre più breve).
Ma come gestire le promozioni e impedire che si rivelino un boomerang? Come promuovere un dipendente senza il dubbio che sia inadeguato o che si riveli un “buco camuffato”? (l’espressione si riferisce alla casella in organigramma occupata da un dipendente incapace di svolgere una determinata mansione, N.d.A.)
Queste manovre possono infatti mettere a rischio il clima aziendale.
Una promozione ritenuta ingiusta potrebbe provocare un crescente malcontento: i dipendenti possono sentirsi demotivati, sottovalutati o scalzati da un candidato che potrebbero ritenere inferiore o meno qualificato.
Inoltre, chi si ritrova ad essere guidato dal neo-promosso potrebbe non essere convinto della sua competenza.
Dipendenti scontenti non parlano bene della propria azienda, minandone l’employer branding, e non riconosceranno la leadership indispensabile e l’autorità del management (caratteristiche fondamentale pie poter prendere decisioni), mettendone in dubbio la capacità di giudizio.
In conclusione, dei dipendenti demotivati che non riconoscono la leadership di chi li guida non saranno certamente dei “campioni di rendimento” e prima o poi la perdita di entusiasmo e di fiducia si riverbererà in un calo di produttività; comportamento peraltro pienamente legittimo, agli occhi di chi sente di lavorare per qualcuno che non è in grado di riconoscere chi merita davvero, chi è davvero capace, chi è realmente in grado di motivare.
Un vero disastro, molto più diffuso di quanto possa pensare anche chi, tra gli imprenditori, pensa tra sé e sé, “A me non succede…”
In realtà, come per tutte le attività imprenditoriali, ci sono cose che funzionano e cose che non funzionano.
Ad esempio, non funziona promuovere un dipendente solo perché è bravo o perché lavora con noi da tanto tempo. Questo perché promuovere una persona significa responsabilizzarla, chiederle di più e farla crescere. E non può essere fatto a cuor leggero.
La soluzione efficace esiste, però, e la stiamo utilizzando da ormai qualche anno in molte PMI: si tratta di avviare un percorso di responsabilizzazione e di consapevolezza, tramite l’utilizzo professionale e integrato di sistemi scientifici (assessment di valutazione PDA nel nostro caso) e utilizzo di “vecchi strumenti” come la mappatura di processo e i buoni, cari mansionari.
I passi da svolgere per non incappare in una promozione sbagliata sono i seguenti.
Se in organigramma la posizione esiste già potrebbe essere più semplice, ma spesso si promuove un dipendente ad un ruolo che in azienda non esiste o, molto spesso, ad una serie di attività che venivano svolte dal titolare o da un consulente.
Il primo passo quindi è definire nel dettaglio quale riporto dovrà avere, quale attività dovrà svolgere e quali metriche saranno utilizzate per consentire al “nuovo” di misurare la sue performance e migliorare sempre. Molto spesso è indispensabile anche controllare i processi aziendali per vedere e posizionare il ruolo della nuova mansione, i limiti, le abilitazioni, i compiti e le aree di manovra.
Presso un nostro cliente stiamo costruendo la posizione di After Sales Specialist, che non esisteva prima che il mercato segnalasse l’urgenza di dotarsene.
Il primo passo è stato analizzare come la figura avrebbe dialogato con le altre funzioni, di quali strumenti dotarla e quali limiti costruire.
Subito dopo abbiamo tracciato l’elenco delle caratteristiche di base che la nuova posizione avrebbe dovuto avere, quali competenze, quali conoscenze, quali “soft skills” fossero le più importanti, creando un vero profilo di riferimento, secondo lo schema dell’assessment PDA che utilizziamo.
Il profilo di riferimento rappresenta la figura ideale, non quella perfetta in senso assoluto ma la più indicata per la posizione o per la promozione che quell’azienda necessita.
Il secondo passo è stato passare in rassegna l’intero staff per identificare se qualcuno possedesse “a sensazione” qualcuna delle caratteristiche identificate per il profilo di riferimento; a queste persone è stato somministrato l’assessment per comprendere la percentuale di matching e soprattutto le aree di mismatching per ciascuna delle caratteristiche considerate.
È chiaro infatti che non serve tanto “andarci vicino” ma è importante comprendere la differenza per ciascuna caratteristica, così da aver presente la difficoltà nella formazione e la fatica del dipendente per colmare il mismatching.
E se nessuno in azienda dovesse “andare bene”?
In quel caso avremmo dovuto attingere al mercato esterno, organizzando una selezione con in mente già le caratteristiche e le peculiarità del candidato, oltre che le mansioni per le quali si seleziona. Anche in questo caso, potremmo sottolineare l’obbligo di somministrare ai candidati l’assessment per il confronto tra il loro profilo e quello di riferimento.
In questo caso si sarebbe trattato di una assunzione (quasi) a botta sicura e il quasi sta a sottolineare che l’HR Analysis non è mai una scienza perfetta…
Una volta scelta la figura che più si sovrappone al profilo di riferimento (va valutato, secondo la nostra esperienza non tanto il profilo naturale quanto quello adattato, se non sono troppo differenti; se lo sono, la persona dovrà risolvere altre questioni prima di ambire alla posizione) ecco che magicamente avremo anche una delle chimere dell’impresa italiana: il suo percorso di crescita e il suo piano di formazione.
Infatti sarà davvero un gioco da ragazzi costruire un piano di sviluppo delle soft skills e delle hard skills più importanti da colmare.
Una domanda sorge spontanea: perché costruire un piano di formazione e di crescita per qualcuno che è stato promosso da poco?
Ci sono almeno due ragioni:
Formulato nel 1969 dallo psicologo dallo psicologo canadese Laurence Peter, è una tesi che gioca sul paradosso per descrivere le dinamiche di carriera, su basi meritocratiche, che si verificano nelle organizzazioni gerarchiche. In poche parole, il principio di Peter sostiene che
«In una gerarchia, ogni dipendente tende a salire di grado fino al proprio livello di incompetenza»
Ossia, arriva un punto della scalata professionale in cui non si hanno le competenze giuste per la posizione che si dovrebbe ricoprire.
Vuoi davvero che i tuoi collaboratori si sentano incompetenti e non svolgano il loro lavoro al massimo? Vuoi davvero che il clima aziendale diventi negativo per tutti?
Se vuoi approfondire questi aspetti nella tua azienda e capire se il nostro percorso fa al caso tuo puoi scrivere a chiedi@whitening.life oppure prenotare una call gratuita scegliendo data e ora cliccando qui.
Non farti influenzare.
Un intero oceano non può affondare una barca fino a quando non entra al suo interno…